giovedì 5 novembre 2009

L'Italia non parla neanche con Singapore

Svizzera e Singapore sono accumunati, oltre a essere presenti nella Black List emessa dall'Amministrazione Finanziaria italiana, nella difficoltà di colloquio con l'Italia.

Intervistato dal Corriere della Sera, Tharman Shanmugaratnam, il ministro del Tesoro singaporiano, alla domanda del giornalista:
"Perché non avete fatto accordi di scambio d' informazioni con l' Italia?"
risponde:
"Ci piacerebbe. Lo abbiamo proposto, è che per ora le cose non sono progredite. Firmeremmo volentieri un accordo perché con l' Italia abbiamo un rapporto sempre più importante."

Possibile sia "un'abitudine" del Governo italiano reclamare informazioni ma senza procedere a firmare accordi dettanti le regole dell'assistenza amministrativa? Sembrerebbe di si, visto che ora sono 2 i paesi che confermano questa pratica: Svizzera e Singapore.

Interessante il commento del Ministro Shanmugaratnam in merito al segreto bancario:
"... nessuno, nemmeno l' Ocse, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti, chiede che i diritti dei contribuenti siano ignorati. E nessuno chiede che la privacy dell' informazione delle banche sia ignorata. Sarebbe un mondo peggiore, non sarebbe un mondo dinamico, non sarebbe capitalismo nel senso positivo e con le sue virtù ...".

L'etica della privacy patrimoniale è un concetto condiviso in più paesi.

L'articolo del Corriere della Sera lo trovate a questo link.

Per approfondimenti su questo tema consiglio la partecipazione al workshop "Singapore: alternativa alla Svizzera?" (workshop qui).

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Italia inadempiente verso la Svizzera?

Questa comunicazione del Governo svizzero non riguarda direttamente il segreto bancario, ma ha valore per comprendere l'attuale crisi diplomatica e politica italo/svizzera.

Nel caso dei rapporti con l'Italia si intrecciano le questioni del segreto bancario, dello scudo fiscale e dello scambio di informazioni fiscali tra i due paesi.

Naturalmente questa è la "visione" svizzera dei rapporti con l'Italia in questo ambito, buona lettura!


“Sullo sfondo degli sforzi pluriennali della Svizzera per cercare una soluzione alle questioni fiscali aperte con l'Italia e alle critiche ingiustificate di quest'ultima nei confronti della piazza finanziaria ticinese, il presidente della Confederazione Merz aveva deciso di sospendere i negoziati sulla revisione della Convenzione di doppia imposizione (CDI) con l'Italia fino a nuovo avviso.
I negoziati per la revisione della CDI con l'Italia sono in corso dal 2001. Nel 2007 il Governo italiano aveva ricevuto una proposta pronta per la firma con una regolamentazione dello scambio di informazioni (frode fiscale e violazioni analoghe). L'Italia ha interrotto i negoziati perché non voleva che la Svizzera venisse stralciata dalla lista nera. L'Italia ha richiesto la ripresa dei negoziati sulla CDI con la Svizzera soltanto nel mese di giugno del 2009 cosicché nei mesi di luglio e alla fine del mese di settembre del 2009 hanno avuto luogo due tornate di colloqui. In queste due occasioni la delegazione svizzera ha richiesto lo stralcio della Svizzera da tutte le liste nere e l'inclusione nella nuova lista bianca. Soprattutto per motivi politici, le delegazioni incaricate della trattativa non hanno raggiunto nessuna conclusione e hanno convenuto di proseguire i negoziati su alcuni punti. Già da diversi anni l'Italia ha iscritto la Svizzera in più liste nere (fiscali) a causa dell'imposizione ordinaria più bassa rispetto all'Italia delle società privilegiate di cui all'articolo 28 LAID come pure a seguito dell'inesistente scambio di informazioni ai fini dell'applicazione del diritto fiscale interno. Per migliorare le relazioni bilaterali in materia fiscale, la Svizzera ha già avviato diverse iniziative, cercando, ad esempio, dal 2001 di rivedere la convenzione bilaterale di doppia imposizione. Dal 2005 con l'accordo europeo sulla fiscalità del risparmio e con l'accordo antifrode offre soluzioni sostenibili. Nondimeno l'Italia rifiuta sistematicamente l'applicazione dell'articolo 15 dell'Accordo sulla fiscalità del risparmio (tasso zero su pagamenti transfrontalieri di interessi, dividendi e licenze). La CDI bilaterale prevede l'imposizione di base più elevata su dividendi, interessi e licenze che la Svizzera abbia mai concluso con un altro Paese vicino della Comunità europea. Sia una CDI secondo l'articolo 26, come pure il rispetto dell'Accordo sulla fiscalità del risparmio e la ratifica dell'accordo antifrode, faciliterebbero alle autorità fiscali italiane la collaborazione con la Svizzera nei casi di reati fiscali."

La pubblicazione del Governo svizzero si trova a questo address.


Ti invito al prossimo workshop sul tema.

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lunedì 2 novembre 2009

Il segreto bancario tra mito e realtà

Propongo un interessante pubblicazione del Credit Suisse, pubblicazione che viene presentata con questo abstract:

"Attorno al successo delle banche svizzere sono fioriti numerosi miti. Uno fra i più discussi è senz'altro il segreto bancario, che in moltissimi libri e film viene presentato come rifugio finanziario per malviventi e truffatori. Emagazine smaschera i nove equivoci più comuni."

I 9 equivoci a cui il Credit Suisse risponde sono i seguenti:
1) Il segreto bancario serve soprattutto al riciclaggio di denaro?
2) Il segreto bancario copre i capitali in fuga di dittatori del Terzo mondo?
3) I conti cifrati discreditano la Svizzera sul piano internazionale?
4) Il segreto bancario offre ai potenti e ai ricchi la possibilità di nascondere certi fatti?
5) A causa del segreto bancario, alla Confederazione vengono a mancare miliardi di entrate fiscali?
6) La distinzione tra evasione e frode fiscale è un abile artificio giuridico?
7) Con l'ausilio della distinzione tra evasione e frode fiscale, le banche svizzere nascondono i soldi di stranieri che commettono una frode ai danni del fisco?
8) Le banche svizzere ignorano non appena possibile le richieste di assistenza giudiziaria inoltrate da autorità estere?
9) Il segreto bancario è alla base del successo delle banche svizzere?

La pubblicazione si trova a questo indirizzo del Credit Suisse oppure a questo address legato al blog.

Ti invito al prossimo workshop sul tema.

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venerdì 25 settembre 2009

Liste grigie o nere: la Svizzera ne è fuori



La lista grigia dell'OCSE perde la Svizzera

Con la firma odierna della nona Convenzione di doppia imposizione (CDI) con il Qatar da parte del presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz e del primo ministro del Qatar, la Svizzera ha attuato rapidamente i criteri dell'OCSE. Essa ha firmato dodici convenzioni contenenti la clausola dell'assistenza amministrativa ampliata in materia fiscale. Ulteriori convenzioni seguiranno. La Svizzera verrà quindi stralciata dalla cosiddetta lista grigia del Segretariato dell'OCSE. (Link)


Il Segreto bancario garantito in Svizzera

La decisione di riprendere lo standard OCSE nell'assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale, in conformità con l'articolo 26 del modello di Convenzione dell'OCSE non ha alcuna conseguenza per i contribuenti residenti in Svizzera. La protezione della sfera privata di clienti nazionali e internazionali delle banche (segreto bancario) da interventi ingiustificati da parte dello Stato resta garantita. Essa non muta neppure, nel diritto interno, le possibilità delle autorità fiscali svizzere di accedere a dati bancari.

Il diritto interno svizzero applicabile alle Convenzioni OCSE

Le convenzioni contro le doppie imposizioni firmate dalla Svizzera con nove paesi tra cui USA, UK, Francia e Germania, si basano sul modello di convenzione accettato internazionalmente: il modello OCSE. Questo modello prevede l'uso della prassi interna Svizzera per ottenere le informazioni bancarie da scambiare con le autorità degli Stati richiedenti.

Il fisco svizzero non può accedere direttamente ai dati bancari, ma può richiedere, gentilmente, al contribuente, svizzero o estero, di fornire i dati sulle sue relazioni personali con una banca già ben identificata dal fisco stesso.

Per approfondimenti su questo tema consiglio la partecipazione al workshop sul segreto bancario (workshop qui).


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venerdì 4 settembre 2009

Sentenza della Corte di giustizia europea


La norma internazionale è superiore al Codice Civile
La causa coinvolge l'Agenzia delle Entrate

La Corte Europea ha ribadito ancora una volta che i trattati internazionali, in questo caso la legislazione europea, sono superiori alla Legge interna.

Il testo della sentenza è scaricabile qui.

Questa sentenza è importante per gli effetti che ha sullo scambio di informazioni bancarie tra le amministrazioni fiscali di paesi diversi, ad esempio quella italiana e quella svizzera.
Infatti il modello OCSE, quindi la norma internazionale riconosciuta, determina una serie di requisiti necessari per poter scambiare le informazioni, anche bancarie.
L'analisi di questi requisiti determina degli scenari che contraddicono le affermazioni del Governo italiano e le analisi frettolose della stampa.

Ti invito al prossimo workshop sul tema.


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giovedì 3 settembre 2009

Il Canada indaga su conti in Svizzera


Le autorità canadesi vogliono informazioni sui contribuenti del loro Paese che hanno conti all'UBS. Lo hanno detto mercoledì a Toronto rappresentanti dell'Agenzia per le entrate canadese (ARC) in un incontro con alcuni rappresentanti della grande banca svizzera.

"L'ARC ha evidenziato la necessità di ottenere le informazioni richieste", ha indicato la sua portavoce Caitlin Workman all'agenzia di stampa svizzera ATS. La portavoce ha precisato che il governo canadese esaminerà ora i risultati di questa riunione per decidere se organizzare incontri supplementari.

La Workman ha pure affermato che l'incontro ha permesso alle due parti di meglio comprendere la complessità della situazione, in particolare "le diverse disposizioni legali inerenti alle convenzioni fiscali".

Dal canto suo, un portavoce dell'UBS ha rifiutato di commentare le informazioni fornite dall'ARC.

La riunione era stata annunciata una settimana fa da Ottawa. Qualche giorno prima il ministro canadese delle imposte Jean-Pierre Blackburn aveva indicato che se l'UBS rifiutasse di collaborare, il governo canadese adirebbe le vie legali per ottenere le informazioni.

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martedì 1 settembre 2009

Gli Stati Uniti hanno presentato una domanda di assistenza amministrativa nella causa UBS


Gli americano chiedono informazioni su 4'450 relazioni bancarie di UBS all'Amministrazione fiscale svizzera.

La richiesta statunitense è effettuata sulla base della Convezione del 1996, l'unica "Legge" a cui si può fare riferimento in questi casi. La richiesta procede sulla base di questo accordo, ratificato da entrambi i paesi. Ma la prassi e conseguente velocità nella trasmissione delle risposte svizzere dipende dall'accordo siglato tra USA e Svizzera in merito al "problema UBS".

Potete trovare il testo del comunicato stampa dell'Amministrazione Federale Svizzera delle Contribuzioni in questo link.

La prima considerazione è che la campagna di stampa italiana della scorsa settimana sul "segreto bancario morto" è, a mio parere, da ritenere senza fondamento. Lo stato di diritto ha prevalso, i clienti statunitensi di UBS sono comunque salvaguardati nei loro diritti come definito dalla Legge Svizzera.

Ciò è bene, mancasse altro che i trattati internazionali non sono più validi solo perchè uno Stato è più forte economicamente e militarmente di un altro Stato!
Sarebbe la fine della convivenza tra le nazioni e un patologico esempio di convivenza tra le persone.
Detto questo è importante comprendere la portata della richiesta americana: riguarda contribuenti già identificati dal fisco statunitense? Gli americani forniranno la prova che questi contribuenti si sono macchiati di frode fiscale?

Come dicono i francesi: "affarire a suivre", vi terrò informati.

Ti invito ad esprimere il tuo parere sulla questione:
Il segreto bancario svizzero sarà rispettato nel caso dei clienti americani di UBS?


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giovedì 20 agosto 2009

Tanto rumore per nulla!

La reazione della stampa italiana all'accordo Svizzera/USA su UBS

La reazione a caldo della stampa italiana all'accordo raggiunto tra Svizzera e USA in merito alla vicenda UBS è una dimostrazione di quanto sia necessario distorcere il significato degli eventi per adattarli alle necessità di cassa dello Stato.

La campagna mediatica per "spingere" il contribuente italiano ad aderire allo Scudo Fiscale 2009 passa anche attraverso la pubblicazione di notizie terroristiche e prive di fondamento.

Ottima l'analisi di Paolo Bernasconi
Al contrario è esemplare per obiettività l'analisi dell'accordo USA/Svizzera presentata per il "Sole 24 Ore" da Paolo Bernasconi (foto), ex procuratore pubblico svizzero, avvocato, uno dei massimi esperti del settore finanziario (link).

Bernasconi afferma che l'accordo è semplicemente la conferma dell'applicazione delle procedure previste dalla convenzione fiscale firmata nel 1996 dai due paesi: (... post completo qui ...)

Che cos’è il segreto bancario in Svizzera


Lo stato attuale

In Svizzera il segreto bancario è uno strumento a supporto della protezione della sfera privata. Percepito dai cittadini come mezzo legittimo per equilibrare il potere dello Stato, il segreto bancario è fortemente ancorato nella coscienza degli svizzeri.

La democrazia svizzera concepisce il rapporto tra Stato e cittadino a gerarchia rovesciata: lo svizzero fa parte del “popolo sovrano” e non è suddito dello Stato. In Svizzera, i cittadini non vivono per lo Stato, ma è lo Stato ad essere a disposizione dei cittadini. Lo Stato deve fornire al cittadino i mezzi per poter difendere quella che in Svizzera è definita “la sfera privata”.

La principale differenza tra la Svizzera e le altre nazioni democratiche è che l’ambito della sfera privata è allargato anche ai dati patrimoniali e d’affari. Il diritto alla privacy non difende solo le informazioni in relazione alla religione, ai gusti sessuali, alla fede politica del cittadino, ma protegge da intromissioni non autorizzate da parte dello Stato o di altre persone.

Lo svizzero inorridisce alla descrizione della possibilità che un funzionario di medio livello di un'Agenzia delle Entrate provinciale ha di conoscere i dati patrimoniale di un contribuente.
Lo svizzero medio rimane agghiacciato dalla mancanza di sensibilità che porta alla pubblicazione nei quotidiani italiani delle liste "dei più ricchi".

Il segreto bancario svizzero non è un “escamotage” giuridico per attrarre investitori esteri ed i loro capitale presso le banche svizzere. È uno strumento interno, creato dagli svizzeri per gli svizzeri e fortemente voluto dalla popolazione.

Negli ultimi mesi il segreto bancario ha subito fortissimi attacchi da parte di Stati notevolmente più potenti della piccola Svizzera. La reazione degli svizzeri a questi attacchi è stata decisa, molto vigorosa, la percezione è stata quella di un attacco all’indipendenza del paese, alle sue abitudini democratiche, al rispetto delle prerogative del cittadino svizzero. Gli ambienti di destra hanno immediatamente lanciato una iniziativa popolare per difendere il segreto bancario. L’argomentazione principale è la difesa della patria dalle ingordigie dei paesi confinanti: Italia, Francia e Germania. Esaminando la locandina utilizzata, dalla destra politica, per propagandare la difesa del segreto bancario è facile percepire l’ansia dei settori economici che sarebbero toccati dalla fine del segreto stesso.
Un’iniziativa popolare lanciata dalla sinistra nel 1984, mirante alla soppressione del segreto bancario fu bocciata dal 73% dei votanti.
Questi dati forniscono la prova che il segreto bancario è parte del DNA svizzero.

Una pubblicazione dell’Amministrazione federale svizzera è illuminante al riguardo:
“Cosa significa libertà? Cosa significa indipendenza? E cosa hanno a che fare questi due concetti con il segreto bancario svizzero e con il diritto fiscale? Per molti può sembrare a prima vista difficile trovare un nesso tra questi concetti. Eppure questo nesso esiste. Esso risiede nella percezione di base della democrazia diretta, nella costruzione dello Stato dal basso verso l’alto e
nell’interpretazione svizzera dei diritti dei cittadini. Lo storico svizzero Herbert Lüthy ha constatato che il benessere delle nazioni cela un appello ai diritti dell’uomo, un appello a «un sistema chiaro e semplice di libertà naturale che consenta a ciascuno di perseguire i propri interessi, di disporre a propria guisa del suo lavoro e di quanto gli appartiene, di andare e di esercitare il commercio dove vuole e di svincolare lo Stato dall’obbligo tirannico e irrealizzabile ad un tempo di assegnare le loro attività a tutti i suoi cittadini, di sorvegliarli e di guidarli verso un presunto benessere – senza neppure saperlo o volerlo gli individui lo servono molto meglio nella libertà del mercato». Questa descrizione esprime la concezione liberale dei cittadini svizzeri.”
(Segreto bancario e questioni fiscali internazionali)

Come non farsi attrarre da un concetto di libertà come quello espresso in queste poche righe?

I limiti del segreto bancario svizzero



Gli attuali limiti del segreto bancario

La Svizzera protegge la privacy dei clienti delle banche con un forte segreto bancario. La Legge prevede che il proprietario del segreto bancario è il cliente. La banca è il custode delle informazioni sul patrimonio e gli affari del cliente, che è l’unico soggetto che può autorizzare la banca a rivelare informazioni a terzi.


La Legge Antiriciclaggio
A questa regola di base vengono applicate alcune eccezioni. Il rispetto delle norme antiriciclaggio impone alla banca, nel caso di forte sospetto sulle transazioni che il cliente effettua, di comunicare i dati del cliente e delle sue transazioni ad un’autorità governativa.

MROS, è questo il nome dell’ufficio federale di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro, produce tutti gli anni un rapporto di attività . Da questo rapporto emerge che negli ultimi 10 anni le banche svizzere hanno mediamente comunicato ad MROS dati di 350 relazioni, nel 2008 il numero di comunicazioni ha raggiunto le 572.

Quali sono le motivazioni che spingono gli intermediari finanziari, tra cui le banche, a comunicare i dati delle relazioni d’affari? La risposta a questa domanda è importante, visto che la comunicazione a MROS può portare il cliente della banca a dover spiegare il senso delle sue transazioni bancarie ad un procuratore pubblico svizzero.


Le motivazioni per comunicare con l’autorità antiriciclaggio
Durante il 2008 la motivazione riguardava: nel 26% dei casi informazioni da terzi, a conoscenza di particolari in relazione al cliente ed alle sue attività, nel 23% dei casi le informazioni dei mass-media, nel 15% dei casi la richiesta diretta del Ministero pubblico svizzero, nel 13% dei casi la poca chiarezza nelle operazioni finanziarie del cliente.

I reati presunti per cui si è attivata la comunicazione sono: truffa o frode, anche fiscale (39%), corruzione (9%), abuso di fiducia (8%), proventi di attività criminali (6%), proventi dal commercio di stupefacenti (4%), assenza di plausibilità delle transazioni (3%).


Gli altri limiti alla protezione del segreto bancario
Secondo le disposizioni del diritto civile esistono altri limiti al segreto bancario. Questi limiti sono dati dalle disposizioni dell’esecuzione fallimentare e del diritto penale. Di conseguenza la protezione offerta dal segreto bancario può essere rimossa su ordine di un giudice o di un’autorità di sorveglianza, come ad esempio le autorità di sorveglianza della borsa per indagare su possibili operazioni di insider trading.


Lo scambio di informazioni bancarie tra autorità fiscali
Questo tipo di scambio di informazioni è regolato dalle Convenzioni fiscali bilaterali tra due Stati. Il modello di queste convenzioni è di norma quello definito dall’OCSE. Questo modello presenta modalità di scambio di informazioni molto ampie:
Lo scambio avviene direttamente tra le autorità fiscali dei due paesi e può riguardare un ampio spettro di informazioni diverse.


La Svizzera non applica il modello OCSE di scambio di informazioni
La Svizzera ha firmato circa 70 di queste convenzioni con altrettanti Stati. A differenza di quanto prevede il modello OCSE la Svizzera ha optato come uno scambio minimo di informazioni, cosa che è stata accettata dagli altri Stati (tra cui l’Italia). In pratica queste convenzioni non prevedono lo scambio di informazioni tra autorità fiscali, questo scambio non può avere luogo perché le informazioni bancarie sono protette da segreto.

Ad esempio la convenzione contro le doppie imposizioni che impegna Italia e Svizzera, tuttora in vigore, recita nel suo articolo 27: “Non potranno essere scambiate informazioni suscettibili di rivelare segreti commerciali, bancari, industriali o professionali o metodi commerciali.”


I limiti del segreto bancario
Obiettivamente il segreto bancario svizzero non serve a nascondere i fondi di provenienza delittuosa.
Può comunque servire a nascondere i proventi dell’evasione fiscale. Naturalmente solo nel caso il contribuente infedele non si sia macchiato di reati quali la frode fiscale o la truffa fiscale.

La mancata dichiarazione, o sottrazione d’imposta, non sono reati per cui viene levato il segreto bancario svizzero, per cui i soldi degli evasori fiscali italiani possono essere depositati tranquillamente presso le banche svizzere, sino ad oggi.

È possibile che nel futuro la convenzione contro le doppie imposizioni che lega Italia e Svizzera possa essere modificata. In questo caso è possibile che un ulteriore varco nel segreto bancario possa servire all’Amministrazione italiana per smascherare i propri contribuenti infedeli. Ma questa è musica di un futuro forse remoto.


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